lunedì 18 maggio 2015

Lunedì Culturale: ultimo appuntamento

Lunedì prossimo, 25 maggio, termineremo gli appuntamenti dei Lunedì Culturali.
Siamo felici della partecipazione che c'è stata e degli ospiti che sono venuti a trovarci: abbiamo iniziato con Alessandro Del Gaudio, abbiamo proseguito con il giornalista Emanuele Franzoso, siamo stati lieti di promuovere l'opera prima di Cristina Bo e, infine, abbiamo avuto l'onore di dialogare con il teologo Ermis Segatti. Grazie a tutti!
Per concludere, parleremo di poesia con Matteo Bergamaschi e, accompagnati da musica dal vivo, leggeremo alcuni brani tratti dal suo libro La grande città.

L'autore
Matteo Bergamaschi (1987) si è laureato in Filosofia presso l’Università Cattolica, e ha conseguito dottorato di ricerca in Studi Umanistici presso il medesimo ateneo. Attualmente è docente incaricato presso la Facoltà Teologica di Torino, e docente invitato presso la Pontificia Università Salesiana di Torino. È autore di raccolte poetiche, come La grande città e Come il vento e la sabbia, e di saggi, come Dire io (con C. Pallard), Benedire. I poeti (con I. Menso) e Il segno intrattabile (con D. Navarria).

Il libro
«Dio è morto!», grida il folle di Nietzsche, un grido che attraversa lancinante l’intero Novecento. «E forse anche l’uomo è morto»: eco del terribile grido. O forse no. Forse, per le vie della Grande Città - che è un po’ Roma, un po’ Gerusalemme, un po’ Babilonia, un po’ la città postmoderna – l’uomo e Dio si incontrano ancora, in modo sempre antico e sempre nuovo. Dio cammina per le vie della città degli uomini; e pare di sentire la cadenza del suo canticchiare, la sua andatura che si affianca a quella dell’amico, del compagno umano, assumendone il ritmo, la lena, i colori caldi e terrosi, e perfino gli odori che si spandono nella polvere delle vie, degli avvenimenti, che incidono, come un solco, la storia sul viso di chi è per via, sulle rughe delle sue mani. Al di là di ogni retorica! Sì, in questa città è custodita la promessa di Dio, e il Messia cammina per le vie della Grande Città dei figli degli uomini, dei figli di Dio. Dio è dunque morto? Ma non senti il rumore dei suoi passi? Proprio ora, cammina sul selciato.

I brani
[La Sulammita]

3
Oh!, Sulammita, come sei bella,
come sei bella, Sulammita,
che radiosa danzi, e profumata di grazia!
quanto disiai che il mio cuore riposasse adagiato al tuo seno,
quanto disiai, Sulammita, estasiato di vederti ancora danzare,
d’ascoltare, ancora una volta,
il tepore della musica nella tua voce,
mentre il fiato delle tue parole si mischiasse col mio,
sì che ne discernessi il sapore!
Sulammita, Sulammita…
chi è bella infatti come la Sulammita,
che cosa al mondo e sopra di esso
può eguagliare la bellezza della Sulammita?
Sulammita,
mi chiedo se, pellegrino per le vie di questo mondo intricato,
ho mai ricercato qualcosa
che non fosse il tuo sguardo,
se al mondo io non abbia che cercato i tuoi occhi
nel fondo del mio desiderio,
se il tuo sorriso non fosse quanto cercai con altre vele,
mentre andai dicendo d’altri porti.
pure, Sulammita, Sulammita mia, mia bella,
io cercavo un volto, un sorriso
di fronte ai quali il cuore e l’affetto
si destassero nella meraviglia!
non cercavo i tuoi occhi, Sulammita,
cercavo i miei,
cercavo i miei occhi specchiarsi nei tuoi,
cercavo me,
me,
- ancora!
ma no!, non posso pensare che l’amore sia tutto qui,
qualcosa in me si desta a protestare contro tutto questo!
cos’è dunque l’amore, Sulammita?,
un accovacciarsi l’un appresso all’altra,
in una tana di bestie,
mendicare un po’ di calore
in un buco scavato nel fango?
no, non è questo l’amore, non può essere questo;
e se fosse tutto qui, io non ci starei,
me ne andrei dal mondo e dal suo inganno.
perché se anche mi avvoltolassi in quella tiepida tana,
se mi accostassi alla dolcezza di questo casto tepore,
alla dolcezza del tuo profumo,
alla carezza silenziosa di quegli occhi che mi sorridono
e che forse sono l’unica cosa che voglio
- non è qui.
non è qui quello che cercavo,
mi sarei detto nella pena d’una veglia pensosa,
in cui tu, Sulammita, non avesti potuto voler di vegliare al mio fianco.
a lungo, Sulammita, ho vagato, insonne e fuggiasco,
per le vie di questa Grande Città,
a lungo sono passato di sotto alla tua finestra,
e il mio cuore ha sospirato pensando a te, a se stesso,
pensandoti bella che riposavi pensosa stringendo il cuscino.
ma poi, Sulammita, ho visto che al tuo balcone si affacciava la bestia, l’affetto, la tana.
gli occhi non sono puri, perché io non avevo capito che cos’è l’amore.
e allora lascia, Sulammita,
lascia che vada,
non piangere, Sulammita,
ma lascia che vada,
finché io non veda,
finché io non torni,
finché non abbia incontrato l’amore.



5
Venite, il Messia!
il Messia passa per le vie della Grande Città!
si destavano le vie della Grande Città;
si schiudevano i vicoli e i budelli senza nome,
perché il Messia, in quel giorno qualunque,
il Messia passava per le vie della Grande Città.
passava il Messia in quel dedalo senza memoria,
pregno dell’odore di arti e mestieri,
adorno, da un capo all’altro,
dei poveri panni degli ultimi,
che, stesi, cingevano come festoni il viottolo.
com’era bello quel Messia,
così docile, così mansueto, come il puledro dell’asina;
com’era bello quel Messia,
 – e tutta la gente scendeva,
e usciva dalle case patinate dal tempo,
scendeva per le strade della Grande Città
a salutare quel bel Messia,
e batteva le mani,
e ridevano, nei loro abiti semplici,
offrendogli le ore,
le opere e i giorni che lui solo poteva serbare.
ridevano, nei panni della loro fatica,
nei loro panni sudati e dimessi,
ridevano, perché il Messia era passato di là,
e c’era anche Rahab, la prostituta,
e gli tendevano le mani ruvide e scabre.
com’era bello quel Messia che li capiva, e li stava a sentire,
quel Messia sorridente tra gli ultimi e i poveri,
lui stesso ultimo e umile.
com’era bello quel Dio che si incamminava
sui sentieri stretti e sconnessi della Grande Città,
quelle vie di cui si vergogna la storia,
ma non il Messia!
com’era bello quel Messia fatto di carne e di tempo!
i suoi tratti, i suoi lineamenti,
si intrecciavano con quelli dei mille volti rugosi e umiliati,
e nel suo nome lasciava echeggiare quei mille nomi,
nomi semplici, come il suo,
che narravano la storia dei loro semplici avi,
le speranze e le illusioni delle genti dei viottoli della Grande Città.
quel bel Messia raccoglieva e custodiva nel suo mistero
i segreti di quei nomi, dei cuori
che lui solo conosceva,
li raccoglieva e li portava con sé,
riscattando le loro piccole ore,
mentre passava per le vie della Grande Città.
oh, Grande Città, che tu non possa mai cessare
d’innamorarti e di stupirti di questo buon Messia!
Venite, il Messia!
il bel Messia passa per le vie della Grande Città!



16
Canterò quest’oggi
dell’amore di una donna,
sì, quest’oggi ho in cuor di cantare,
e canterò,
di come ama una donna.
canterò di una donna
che andava al pozzo,
rigando la sabbia coi suoi passi,
rigando di lacrime il suo viso.
Perché piangi, donna?
dimmi, Lia, perché piangi?
Piango perché i miei occhi
non sono belli, Signore,
piango perché il mio uomo
guarda gli occhi di Rachele;
“perché piangi, Rachele?”,
domanda Giacobbe,
– e Lia? Perché mai lo ha chiesto,
che piange sola tra le stoviglie, in cucina,
che piange, e invoca il suo uomo?
e se il mio cuore dolente,
se il cuore della donna abbandonata
ha un diritto davanti al tuo trono,
ti griderò flebile fra queste mie lacrime:
Alzati, Messia, vieni, e sii Dio
anche qua,
vieni, e sii Dio
fra le stoviglie e sui miei occhi.
e i singhiozzi le scuotono il fragile petto,
il petto di creatura che ricerca il tuo amore,
e un velo di lino
ne avvolge pietoso l’amaro dolore.
le disse il Nazareno:
I tuoi occhi, Lia,
io non posso mutare,
e quello sguardo
te lo darà soltanto il tuo uomo, 
e non un altro al suo posto,
giacché al suo cuor l’ho rimesso;
ma ora guardami, donna,
non temere, perché io sono con te,
non smarrirti, perché sono io il tuo Dio;
non temere, io sono il Dio di Lia,
e dei suoi occhi,
e il mio cuore oggi ha desiderato
che il mio sguardo riposasse sui tuoi occhi.
rideva la donna, rideva e piangeva,
in ginocchio, e baciava i piedi del Messia,
e il suo crine asciugava
ciò che le sue lacrime avevan mondato.
le carezzò il viso il Maestro:
Verrà un giorno, Lia,
quando si avvicinerà la mia ora,
che sarò solo, e i miei fuggiranno;
allora mi guarderai tu,
io cercherò i tuoi occhi,
e tu mi darai il profumo,
l’unguento di nardo di Lia!
E ovunque diranno di me,
narreranno anche di te, dei tuoi occhi,
e del tuo amore di donna,
che come l’incenso si spande,
come il profumo del nardo.


[Il Grano]

18
Come sono belli i granai della Grande Città,
ove della nera terra il frutto raccoglie,
del sudore e dell’opera,
e dove convengono i figli e le figlie del mio popolo.
e io mi soffermai un giorno
sulla soffitta di un granaio della Grande Città,
mentre l’intenta pietà d’un officio laborioso
celebrava di sotto
la pace e la franca esistenza dei figli dell’uomo;
mi soffermai un giorno
accanto al rosone di quel tempio pietoso,
e stesi il mio sguardo sui campi del grano.
e quel giorno disiai, mio Signore,
che io fossi come il grano;
quel giorno disiai
che come le spighe del grano
fossero tutti gli uomini.
com’è bello, Signore,
il pane, frutto di tanta fatica,
di tante mani,
che su questi colli dorati,
impasta le opere e i giorni dei figli dell’uomo,
e nella sua fibra s’intreccia
il nudo e concreto abitare dei figli del mio popolo;
e l’eco del canto dei campi,
della mietitura e degli uccelli del cielo,
mi sussurra la voce tua dolce:
E il pane, sono Io;
e io rimembro, nel santuario dell’opera delle mani dell’uomo,
e guardo i miei intenti fratelli,
il cielo, i tuoi campi,
le vie della Grande Città,
e odo ancora la tua parola, che dice:
Tutto ti parla di Me!
il mio calice trabocca,
–m’allora il mio cuore
irretisce un altro pensiero,
e penso all’ultimo covone,
a come sarebbe bello
se via mai non fosse portato,
se questa vendemmia
durasse in eterno,
e non udissimo mai
i rintocchi del vespro,
quanto torneranno i fantasmi,
le angustie notturne, che il mattino dissipa;
come sarebbe bello se, per quei campi,
i padri non posassero mai dalle spalle i loro bambini,
e non si spegnesse mai il riso alla donna
rivolto al bambino, che annoda
il suo segreto e quello del padre,
intanto che stringe la mano al suo uomo,
vuole sentirne la carne,
la loro unica carne,
in cui hai inciso la tua promessa; 
come vorrei che il sorriso tingesse sempre le gote
alla vergine, quando vede quel bimbo,
e sulla veste si passa le mani,
quando nessuno la vede,
sul pudico grembo, mentre il disio
un gesto volge allo sposo promesso;
un dì gli mormorerà:
Sei il babbo della nostra creatura;
e lui, al proprio petto,
poserà il capo di lei,
che ora cinge regale
il fazzoletto della mietitura.
mi innamora, Signore, questa visione di gioia e di pace,
e io penso che dunque più bello è il sogno,
e forse sarà un giorno così
nella Gerusalemme del cielo,
quando ti vedremo su quei campi
e canteremo insieme
del mietitore queste nostre canzoni;
pure, si storna il mio cuore,
e ritorna alle crepe nel muro,
e penso che forse un segreto dell’opera
custodiscono più grande e più antico.
forse più belle sono le crepe nel muro
delle loro case, cui faranno ritorno,
le dimore in cui le cose non andranno bene,
– ma ecco che i figli e le figlie del mio popolo
riannoderanno il nodo del tempo,
ed ecco che quella mietitura non sarà passata invano;
questa è l’opera con cui intessono i campi ed il Regno
i figli e le figlie del tuo popolo!



domenica 17 maggio 2015

Consigli di lettura

Una ricca giornata quella di ieri al Salone del Libro. Abbiamo visitato molti stand e incontrato molti personaggi: abbiamo fatto visita allo stand Marotta & Cafiero - l'editore dei ragazzi di Scampia - un saluto alla redazione mobile di Primaradio e assistito alla puntata speciale di Pane Quotidiano con Concita De Gregorio e Roberto Saviano...
Soprattutto abbiamo selezionato per voi 9 libri, meno conosciuti, economici e facili da trovare, che possono rivelarsi ottime letture. Il padiglione della Germania ha riservato piacevoli sorprese, dimostrando di essere nuovamente una delle culle della moderna cultura europea; 2 consigli di lettura vengono proprio da lì. Di seguito le foto con l'autore, il titolo e un link per saperne di più:










1. A. Olivetti, Democrazia senza partiti, http://www.edizionidicomunita.it/democrazia-senza-partiti/ 
2. G. Ardizzone, Un'indagine con i baffihttp://www.baimaronchetti.com/vol-22-unindagine-con-i-baffi.html
3. D. Wagner, Il corpo della vitahttp://www.fazieditore.it/Libro.aspx?id=1373
4. F. Nietzche, Lettere da Torinohttp://www.adelphi.it/libro/9788845922626

Buona lettura!






giovedì 14 maggio 2015

Salone Internazionale del Libro

Questo sabato, 16 maggio, in occasione del Salone Internazionale del Libro la biblioteca sarà chiusa perché si trasferirà al Lingotto per incontrare alcuni scrittori e conoscere le novità editoriali, in vista di qualche acquisto mirato.
Vi ringraziamo per le numerose nuove donazioni di queste ultime settimane! A breve sarà disponibile il catalogo aggiornato con centinaia di nuovi libri!
A sabato prossimo!